6 luglio 2016

Telefonami fra vent'anni: il blog e i suoi capitoli.

Ieri era il compleanno di Matilde, la bambina più grande, deliziata ed entusiasta di ogni ricorrenza, capace di esaltarsi per epifaniche intuizioni quali "Lo sai sono nata nello stesso giorno del mio compleanno?". 
Matilde è stata capace di far vivere, anche a me burbero e scontroso, uno splendido compleanno, a metà maggio. Quindi ultimamente grazie a lei ho questa nuova attitudine a far caso alle ricorrenze: e come il restauro di Bisarno ha da poco compiuto mezzo anno, così anche questo piccolo esercizio di stile, questo abbecedario della vita di campagna, il blog insomma, ha compiuto 6 mesi e, lo confesso, stanno arrivando le prime inattese soddisfazioni. 
Alcuni post hanno superato le  mille visualizzazioni e, seppur siano ancora numeri piccolissimi, spiccioli, inezie nel mare magno e sperduto del web dei guru e degli influencer che lo padroneggiano con fiero cipiglio, fa effetto vedere la crescita rispetto alle prime settimane quando verificavo non più di 20 visualizzazioni per post (parenti e poco più, peraltro) quando andava bene.
In fondo, lo scopo de "Il Bisarno oltre la Sieve" non è stato mai attrarre con argomenti facili, ma annotare, sulla spina dorsale del diario di bordo delle vicissitudini del restauro della nostra futura casa di campagna, le storie personali e universali che le stanno attorno.
Le etichette, che sono le aggregazioni tematiche, con cui ho indicizzato il blog si dividono in due macrocosmi, l'io e la casa di campagna. "Bisarno e il suo restauro" è invece l'etichetta madre che narra tutto il percorso tortuoso del restauro.
Per quanto riguarda l'io, Francesco, ci sono due etichette a vezzeggiarlo: "Le riflessioni extra-vaganti di un comunicatore" racchiude il mio es che si occupa di comunicazione e si è formato da letterato e si apre a commenti di libri, film, canzoni, storie e pensieri sparsi. "Ulissimo" coccola le mie inquietudini e la mia passione per i viaggi. 
Tutte le altre etichette definiscono il secondo macrocosmo, il sistema casa di campagna con le sue forme, i sapori e i colori.
"Le architetture di campagna" si concentra sulle strutture abitative della campagna (le murature in pietra e mattoni, le case torre, i fienili etc.). 
"Il genio toscano" racchiude storie contadine di guizzo, talento, arguzia e intuito, il genio toscano appunto, elevato da un colorato e saporitissimo dialetto (l'etichetta "Il vocabolario fiorentino" parla proprie delle espressioni più icastiche, maledette e colorate del toscano). Infine, una delle etichette più apprezzate, "Il vino e i mangiari", mi permette di parlare di cibo, gusto e, above all, di vino, che è la materia del mio io comunicatore e al contempo una delle mie grandi passioni. Questa etichetta diverrà sempre più preponderante fra le storie de "Il Bisarno oltre la Sieve". 
Il tono per tutte le etichette è sempre quello del gioco, degli affetti, dell'ironia, del non prendersi troppo sul serio e sul dissacrare tutto e tutti, a partire dalle mie turbe. 
Colonna sonora di questo post? Il capolavoro di Lucio Dalla, uno dei capolavori di Lucio Dalla, "Telefonami fra vent'anni", a quasi 5 anni dal decesso, visto che i post mi piace che siano aperti e circolari al contempo: non certo un compleanno questo, ma un appuntamento da non dimenticare.
Ma tanto non si muore mai se si riesce a lasciare in vita parole come queste. Buon ascolto e grazie!






3 luglio 2016

Un luglio "matto e disperatissimo".

Ne "La meglio gioventù", film di Marco Giordana secondo solo a "Novecento" di Bertolucci nell'affrescare la storia contemporanea del bel paese, c'é una scena, alla fine, che a suo tempo mi colpì molto: uno dei protagonisti, il banchiere alla Banca di Italia, si innamora di un rudere nella campagna toscana e ne affida il restauro all'amico di una vita, operaio, con cui, da studente, l'altro già in fabbrica, aveva condiviso le lotte sessantottine. E' una scena molto forte che più volte mi é tornata a mente in questi primi sei mesi di restauro di Bisarno. Mi immedesimo in entrambi i caratteri, pur sentendomi più vicino all'operaio che sente il carico, la responsabilità di una direzione lavori complessa, costosa e impegnativa e che, tuttavia, ripudia con sdegno soluzioni di restauro poco rispettose, come i proverbiali infissi in linoleum, segno del pessimo gusto imperante: "No, in linoleum no" é proprio il titolo con cui é indicizzata la scena. Però mi ritrovo anche nel coraggio e nella temerarietà con cui il banchiere tenta il recupero di un rudere abbandonato in mezzo al bel niente, malgrado abbia avuto introiti ben differenti dai miei per sostanziare il suo sogno (quindi una sfida meno complessa della nostra). E cerco di ancorarmi alla passione di entrambi perché ogni giorno Bisarno pone delle situazione vischiose e tortuose e l'approccio mentale con cui le affrontiamo é davvero determinante. 

Sei mesi dicevo. Un mio amico mi chiedeva in che percentuale il restauro fosse compiuto. Se la dovessi computare, questa percentuale, finirei per restarci male.
Deinde, eludo: "Non so dirti, comunque il camino è venuto davvero bene, le ciliegie deliziose, la gatta ha figliato e le bambine godranno delle camere più suggestive del podere, dove abbiamo riesumato anche antiche feritoie medievali...".
"Quindi? A che punto siete?":  A che punto siamo? Siamo in una fase obiettivamente stagnante e pastosa in cui dobbiamo per forza accelerare: al gruppo su Whatsapp di Bisarno ho parlato della necessità di un luglio "matto e disperatissimo", come diceva Leopardi per i suoi studi: da domani a fine mese vorrei poter dare una percentuale più alta di quante ve ne siano che la Fiorentina vinca lo scudetto la prossima stagione, per quanto elevate dalle scorribande di Kats sulla fascia. Finire il tetto e anche un po' di facciate entro il 31. Intanto, in queste ultime settimane ho osservato come si ripristina una antica muratura a faccia vista: una delle fasi più affascinanti è la rimozione, delicata, delle precedenti murature di giunzione. É un lavoro che chiede tempo, protegge le vecchie pietre, riscopre vecchi fori pontai, fa affiorare zone malmesse e scopre nidi di ogni creatura pensabile e impensabile. Infine un idro-lavaggio a ripulire le polveri e detriti rimossi prima della pars construens, che potrà essere più o meno ricostruttiva (the less, the better: più si mantiene meglio è): eventuale sostituzione di pietre e mattoni, poi muratura profonda delle giunzioni, infine stuccatura di superficie (per trovare il tono e il colore che mi piacesse è stata un'impresa, come ho scritto qui), che non sia troppo emergente, non a filo pietra ma rimanga incassata, per lasciare dominanza alla pietra e per evitare l'effetto ragnatela che spesso affiora da stuccature troppo marcate in edifici in pietra.




Qui siamo quasi alla fine del restauro a faccia vista: dopo la stuccatura,  un idropulitura riporterà a vita pietra e mattoni.
Ci vuole moltissimo tempo e bravura, sensibilità per quello che si fa, ma ogni porzione restaurata è in fine un capolavoro che esprime e rispetta il lavoro storico, i colori lapidei e del suolo, riproposto nelle stuccature, e il sapere artigianale di chi, secoli fa, murò le prime pietre e che a lavoro ultimato rivivono nella stessa concezione architettonica che ebbero persone che ci hanno preceduto di quasi 800 anni.